Le Fanterie dei Comuni medievali, solo a rifletterci mille pensieri diversi affollano la mente, molto probabilmente sono immagini stereotipate che ci vengono da qualche film o serie Tv, in cui spesso sono rappresentate da masse di zoticoni armati di forcone che al primo colpo di mano degli avversari vacillano e abbandonano il campo, oppure in altri casi da disciplinati uomini in uniforme che si muovono all’unisono come un sol uomo. Vediamo un po’ se riusciamo a capire meglio cosa c’è di vero e cosa è una licenza dello spettacolo per far sì che tutto sia più bello e che tutto sia di facile comprensione a chi guarda. Cominciamo a capire chi erano effettivamente questi “pedites”, cosi venivano chiamati gli uomini che combattevano appiedati. Bisogna inquadrare un attimo il grande sviluppo urbano tra il XII e il XIII secolo, non solo in termini demografici ma anche da parte delle istituzioni cittadine e il conseguente ritenersi dei veri e propri soggetti politici formati da liberi cittadini, e da tradizione medievale, gli uomini liberi hanno il diritto e il dovere di portare le armi. Queste città con una forza bellica non indifferente e protetti da alte mura, requisito imprescindibile per essere una città degna di questo nome, potevano mettere in campo forze numerose e anche per prolungati periodi di tempo grazie a una particolare organizzazione dell’esercito. Gli uomini raggiunta la maggiore età erano inseriti nelle liste di quelli arruolabili, ne facevano parte tutti quei cittadini tra i 15 e i 70 anni che nella divisione per ceto sociale del periodo venivano definiti come “populus” a cui si contrapponevano le famiglie magnatizie che formavano la “militia”. Non bisogna però pensare che fossero un branco di straccioni come molti sceneggiati ci mostrano anzi, rappresentavano chi teneva bottega, chi aveva un piccolo laboratorio e tutti quei lavoratori dipendenti che erano necessari allo svolgimento delle attività produttive, quindi sicuramente non erano in grado di sostenere le spese per comprare e mantenere un destriero da guerra, un armatura completa, armi, addestramento ecc. ma neanche cosi poveri da non potersi permettere un qualche tipo di armamento, nei comuni italiani i soldi giravano abbastanza e si poteva condurre una vita dignitosa, molto meglio che nel resto d’ Europa nello stesso periodo. Dalle scarse fonti che ci sono pervenute possiamo constatare che di solito il reclutamento si faceva in base alla suddivisione della città in quartieri, rioni o parrocchie. Si formavano unità da 50 uomini la “cinquantina” che poi veniva suddivisa in due “venticinquine”, in alcune località si trovano suddivisioni diverse ma il principio è lo stesso. Questo sistema permetteva lo svolgimento di una lunga campagna militare dove le truppe potevano darsi il cambio, così da non far gravare sulla città la mancanza di tutta questa forza lavoro. La venticinquina era l’unità base della fanteria comunale e ne troviamo testimonianza nel “Libro di Monteaperti” dove si trovano varie venticinquine, ognuna sotto un gonfalone che la identifica e che fa da punto di riferimento, unite in schiere sotto un “capitaneus”. In battaglia l’esercito era guidato dai consoli e più avanti dai podestà della città, ma come ci riportano alcune fonti molte decisioni venivano comunque prese in assemblea dove i consoli decidevano il piano di battaglia e poi lo comunicavano ai soldati, quindi anche in guerra la pluralità cittadina era forte e si faceva sentire sulle decisioni più importanti. Naturalmente non veniva sempre chiamato l’esercito completo, dipendeva sempre da cosa bisognava fare e in base a quello si decideva chi mobilitare. Poteva servire un grande forza per ingaggiare una battaglia in campo aperto o si poteva fare contingenti più piccoli e specializzati se serviva di razziare i campi in territorio nemico o iniziare l’assedio di una fortificazione. Naturalmente in base al reddito ogni uomo era tenuto a provvedere al proprio equipaggiamento, in molti statuti cittadini viene elencato il corredo necessario e le eventuali multe se qualcuno si presentava senza. Si passa dai fanti pesantemente equipaggiati a quelli con solo un armamento di base fino a quelli equipaggiati dal comune stesso.
Per approfondire:
Settia A.A. Comuni in guerra, Armi ed eserciti nell’ Italia delle città. Bologna 1993
Grillo P. Cavalieri e popoli in armi, le istituzioni militari nell’Italia medievale. Edizioni Laterza 2008
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